Sono convinto che per un cuoco, o chiunque parli di cibo sia fondamentale conoscere le radici di ciò di cui si parla, a maggior ragione se nel mondo acclamano la nostra cucina come la migliore al mondo. Dobbiamo esser consci di avere un grande patrimonio di biodiversità, le tradizioni che il mondo ci invidia dobbiamo preservarle. È tutta questione di equilibrio, tra la tradizione e la modernità di un mondo che va sempre più veloce.

Ci hanno fatto credere che ci fosse un movimento di cuochi nordici che stanno influenzando con la loro cucina le tavole del mondo e ci hanno detto che i cuochi spagnoli sono stati i più influenti. La realtà è che le grandi cucine nel mondo sono quella italiana, la francese, la giapponese e la cinese. Quella italiana però è quella più in crescita, stiamo arrivando ovunque, tutti conoscono la pasta, la pizza ed i nostri prodotti. Non ci sono grandi ristoranti di cucina nordica fuori dai paesi scandinavi, non esistono grandi ristoranti spagnoli fuori dalla penisola iberica. Invece, e dobbiamo esserne consci e fieri, c’è un movimento di ristoranti italiani che sta crescendo ovunque all’estero, ristoranti gourmet e ristoranti più tradizionali. 

Per imporsi nelle tavole del mondo serve un movimento fatto anche di cultura, di storia, di tradizioni secolari, di vino, di ricette che variano al sol scavalcare una collina, di biodiversità e microclima unico che si sviluppa nei nostri territori. Non esiste più solo la sostenibilità ambientale, ma anche una etica ed economica che contribuiscono alla creazione del valore aggiunto. 

Credo che un cuoco moderno debba conoscere il suo territorio, avere uno stretto rapporto con esso e con i suoi produttori, debba essere in grado di promuovere un prodotto senza mai dimenticarne la storia e i sacrifici di chi lo produce. Il cambiamento è andare verso il futuro, ma si deve essere in grado di guardare indietro e tenere le cose belle, cercando poi di migliorarle.